4/30/2007

Nota Bene


C’è un momento per andare a p.za Navona a farsi fotografare con babbo natale e uno per comprarvisi il fumo.
Si tratta del trapasso dell’ innocenza nel disinganno della vita.
Protagonisti sono 15-25enni: jeans stracciatifirmati, slip a vista e capelli rigorosamente sporchi.
Convinti che la droga leggera sia pari alle sigarette, si affidano alle cure di spacciatori coetanei: algerinimarocchinitunisini senza permesso di soggiorno, sfuggiti alla povertà dei rispettivi paesi d’origine e con lavorocopertura come artigiani non ben precisati di braccialetti ‘della fortuna’, da applicare fra ciocche di capelli o, per i più classici, attorno al polso.
Accanto ai turisti, fra un ritrattista e l’altro, sono una vera e propria comunità multietnica e silenziosa, benché il gergo sia fondamentale per godere di una certa reputazione.
Ai tempi della lira, si parlava di ‘due scudi’ in due scudi, di 10mila in 10 mila lire, dalle quali ricavare almeno: “8 spinelli se ti mandavano bene”. Ora, con l’euro, esiste il ‘decino’, pari alle solite 8 canne, ma al prezzo delle vecchie 20mila, suscitando ire funeste di compratori che lottano, per farsi alzare la paghetta dai genitori.
Gli incontri avvengono in pieno giorno, con ora di punta 16-17. Seduti a terra, stringono una bottiglia del più economico fra i vini rossi, ma che non sia tavernello che:“Quella è roba da barboni”.
Per cena tutti a casa, ché la mamma ha cucinato l’arrosto, ma soprattutto:“Non si accorge mica delle mie pupille rosse!”.

Noi ragazzi dello zoo della disillusione


Anche se non cade da tre metri sopra al cielo “ Quel lampione crollato giù da un palo di ponte Milvio poteva ferire seriamente qualcuno ”.
Così Marta, vent’anni di scoutismo e volontariato presso case famiglia, oppone il suo disappunto di fronte al nuovo vialetto degli innamorati a Ponte Milvio, che altro che lo zodiaco a Belsito .
Si era cominciato da un palo, completamente tappezzato da lucchetti d’ogni sorta e dimensione a suggellare promesse d’amore, e si continua su ogni palo presente nell’arco di soli 100 metri.
Il muro che sovrasta il Tevere giallo – non certo a causa delle chiavi dei suddetti lucchetti, ma vallo a spiegare a Marta – è lo spartito delle più disparate dichiarazioni stile “ staremo sempre insieme anche dopo la morte ”.
Cose da ragazzi certo, eppure si leva proprio da loro il maggior grido di protesta: l’ambiente ne risulta deteriorato, sono già caduti due lampioni per sovraccarico di lucchetti, ma soprattutto, cos’è questo patetismo!
E’ guerra aperta contro i tredicenni: Marta e i suoi discepoli ventenni raccolgono firme perché il degrado abbia fine. Le loro penne crescono a dismisura ma certo per libro e film, da dove tutto è nato, è un’altra storia: quelli vanno bene, “ Possono nutrire certi sogni rimasti infranti ”.
Eppure dargli spazio nella realtà deturpa l’ambiente, fa ricordare a quando noi ventenni si giocava, si credeva ancora nell’amore e forse, aggiungerei, fa anche un po’ male.

Il caffè del pressapochismo


Mi aspetto che sensibilizzi le coscienze sul problema della distribuzione- praticamente inesistente- dei film indipendenti.
Che lanci una denuncia fattiva.
Ma lui non tira fuori altro che disincanto, salvo poi definirsi un donchisciotte del 2007.
Loda i suoi principi etici fra i mostri atavici della cinematografia italiana, scarta soluzioni alternative per ovviare al problema – vedi la distribuzione on-line – e opta per l’ uscita in edicola dei suddetti film indipendenti, ma solo a Roma e Milano, ché bisogna provocare.
Il pressappochismo serpeggia, senza neppure la decenza di farlo quatto quatto, fra i tavolini del caffè letterario.
Gentildonne sugli anta e vesti in macramè guardano con ammirazione al produttore-distributore incompreso, stringono fra le braccia il suo ultimo libro che non leggeranno mai e fumano sigarette sottilissime.
Mentre penso che dovrei fare da porta-idee al donchisciotte paradossalmente incazzato con “il sistema”, la mia attenzione si sposta sul Müller Thurgau, il suo aroma fruttato e un gianduiotto torinese.
Al comizio dei cineasti di lotta continua a Notte prima degli esami, infatti, si accompagna la degustazione gratuita di cioccolatini con relativo vino abbinato: la presunta serata intellettualoide si trasforma nella saga del mio inaspettato talento di scroccona agli open-bar.
E intanto sogno quei bei café parisien , dove Picasso sfidava a pennellate Modigliani e qualche ragno, alla fin fine, si cavava dal buco.

4/19/2007

Quelli che...l'arrotino nel 2007


E’ arrivato l’arrotino.
Aggiusta forbici, coltelli, cucine a gas e il resto è storia.
Specie quel megafono semiarruginito che fa molto artigianato itinerante, da dove una voce echeggia, cantilenando un motivetto stile anni ‘50, sempre lo stesso e che solo in età della ragione ho capito essere registrato.
L’arrotino, che si accompagna sempre all’ombrellaio, è uno dei pochi “ prodotti locali ”, insieme a quello del chiavaro in zona Prati – ma questa è un’altra storia - ad aver resistito alla tentazione del marchio CE e alla politica sulla diffusione nazionale dei beni regionali.
Osservarlo per le strade di Roma con il suo passo lento, quasi pigro, nell’attesa che una qualche vecchina scenda a portargli quel serramanico del ’15/’18 è un connubio di commovente passione e provincialismo – come si confà a una città quale Roma –.
Unico richiamo alla realtà contemporanea: il passaggio dallo storico furgoncino bianco a una fin troppo normalissima utilitaria.
Dalla portiera, questa mattina, vedo scendere un arrotinombrellaio simil ragazzo in canotta bianca nella pubblicità della coca light qualche anno fa.
Nessuna donna si strappa i capelli alla sua vista né tantomeno gli fornisce un qualche arnese da riparare.
Mentre mi chiedo come riesca ad arrivare alla fine del mese penso che infondo potrei anche affidargli quell’ ombrellino viola da borsetta a cui mancano certi raggi…
Per questioni di lavoro, ovvio, non per la canotta bianca.

4/02/2007

Ammettiamolo:


passati i 20, siamo stufi di sentirci dire di far quello e quell’altro perché fa gggiovane! Possibile che a nessuno venga in mente che, passati i 20 con punte di spicco fra i 23 e i 24, noi gggiovani siamo invece colti da un’ impellente slancio intimistico che contempla deliziose cenette lounge dal mood avvolgente, e dipinge discoteche, file e sound assordante, come il principio di un’ emicrania assicurata? Ma va da sé, la colpa è nostra perché: eccoli lì, i gggiovani fedeli al comandamento ‘non ascoltarti’, quella massa indefinita di donne suadenti, gay griffati e uomini rolex-ati, che per divertirsi davvero hanno bisogno del supporto di una riserva alcolica per non menzionare altro, eccoli lì, ad erigere a baluardo eventi come la Demolition Night o il Dandy Hotel party, roba che fa tutta leva sul nome gggiovane, la selezione del pubblico in base a quanto è gggiovane, collaudate consolle ancor più gggiovani, selezioni musicali gggiovanissime.
Il rientro si accompagna a quella vaga sensazione di scontento, di ‘questa serata non mi ha lasciato nulla’.
Ma non importa, molti di noi non demordono. Immolandosi per la categoria del gggiovane, continuano ad andare ad ogni costo, sciupando l’ unico momento libero di una settimana colma di studio e lavoro, ché del resto è quello il peso della responsabilità della fede incrollabile nel vangelo secondo i gggiovani. Per il quale, a dirla tutta, si sta recentemente riconoscendo un dogma: Non puoi incontrare gente interessante senza il team delle MissCat, certo jetset, ma soprattutto, le sonorità vintage di Fulvia Irace.
Fortuna che non tutti i giovani scelgono di essere gggiovani.